mercoledì 25 agosto 2010

E’ che tutti vivono così, come se da un’ora all’altra dovesse arrivare qualcuno…


Cari ragazzi, per discutere e parlare di Barnabo delle montagne, vi propongo di soffermarvi in particolare su questi tre aspetti:

1. Quali tratti, sentimenti, pensieri caratterizzano Barnabo dall’inizio alla fine della vicenda?E, in particolare, quale trasformazione avviene nel suo animo dal soggiorno a valle fino all’episodio finale?

2. “Barnabo è il primo tra i personaggi di Buzzati a provare il sentimento dell’attesa, a spiare nelle lunghe giornate, la luce che sorge e scolora sulle montagne, a sperimentare cosa significhi attendere, non tanto un cosa o un chi, semplicemente attendere. Ed è ancora Barnabo a inaugurare l’esperienza del tempo come strano regista della vita, con i suoi segni discreti, leggeri e sbadati, ma irrevocabili”. Dalla quarta di copertina, Barnabo delle montagne, Ed.Oscar Mondadori, 1979.
Sollecitati da queste parole, provate ad analizzare come si sviluppa nel romanzo questa particolare percezione del tempo, tipicamente buzzatiana, del tempo come attesa. In particolare, provate a individuare le frasi, i passaggi, i punti del libro dove il senso del tempo come attesa si fa più evidente.

3. I luoghi nel romanzo. Come viene descritto il paesaggio? Quali sono, a vostro parere, le descrizioni più suggestive? C’è corrispondenza tra paesaggio/natura e stati d’animo dei personaggi, del protagonista?

Vi aspetto numerosi e vivaci!

Elisa Carrà

24 commenti:

  1. Salve prof,
    ho appena finito il libro e queste sono le mie impressioni a caldo:
    Il libro di Buzzati, "Barnabo delle montagne", non mi ha affascianato molto.
    Forse non sono riuscito a cogliere in pieno il messaggio che l'autore voleva trasmettere ed ho trovato la vicenda monotona, un po' noiosa.
    Sono, invece, rimasto quasi incantato dalle dettagliate descrizioni dei luoghi suggestivi nei quali è ambientata la storia, soprattutto in quella delle pareti rocciose scalate dal protagonista assieme al compagno Berton. Vi è anche un'evidente cossispondenza luoghi/stato d'animo del protagonista, infatti Barnabo, quando viene espulso dai guardiaboschi e umiliato ed è costretto ad abbandonare le sue montagne, che per lui erano la sua vita, si sente malinconico e nostalgico, fino al punto da cercare di trattenere il più piccolo ricordo materiale della precedente vita. Quando Barnabo, infine, ha la possibilità di potersi ristabilire nella casa di montagna dove aveva vissuto per lungo tempo, non ci pensa due volte e preferiscie una vita solitaria in quel luogo, ma felice, che una vita lontano da "casa" anche se in compagnia di molte persone.
    Pre gli altri spunti che ha postato, cercherò di riflettere e ci risentiamo per le prossime idee.
    Stefano

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  2. Bene Stefano, grazie della sincerità delle tue riflessioni. Hai ragione, la storia procede con lentezza, non presenta un intreccio complesso, ma questo è proprio il bello di Buzzati! Se ami la montagna, capisci subito che il suo ritmo, il suo respiro è proprio quello del libro...Se poi anche solo una pagina, una descrizione, come hai detto, ti ha colpito, ti ha emozionato, ti ha richiamato esperienze in montagna che magari hai condiviso anche tu, allora credo che la lettura non sia stata inutile... E poi, hai notato come scrive bene Buzzati? Leggerlo, ci può aiutare a scrivere meglio!:-)
    Ai prossimi post
    Elisa Carrà

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  3. E siamo di nuovo qui...ciao a tutti ancora...
    sto finendo anche l'ultimo libro e devo dire che questo è proprio quello che mi ha attirato meno,non è che non mi sia piaciuto,ma.....l'ho letto a rilento.
    Forse è dovuto dal fatto che la vicenda non si svolge velocemente,interi capitoli si soffermano i un arco di tempo piuttosto ampio.
    Comunque,per fare qualche considerazione,nonostante solitamente le descrizioni dei paesaggi,lunghe e dettagliate mi annoiano e molte volte qualche riga mi verrebbe da saltare [ :-) ] le descrizioni di Buzzati in un certo senso le ho sentite mie.
    Spiego meglio,inizio con precisare che,vedendo da settembre a luglio acqua acqua e acqua tutti i giorni,nel mese scarso che ho libero,se sono libera di decidere preferisco trascorrere qualche giornata in montagna per questo mi sono trovata in più situazioni ad osservare ciò che mi circondava,e leggendo questo libro,anche se ero a casa sono riuscita a immedesimarmi e a rivivere qualche esperienza passata.
    Sono rimasta un po' colpita dal modo di scrivere di Buzzati,è forse uno degli autori che più è riuscito a trasmettermi le sensazioni e le situazioni che descriveva:ho notato che più volte si ripresentano descrizioni dettagliate e,a seconda dei fatti che accadono assumono varie sfaccettature.
    Interessanti secondo me sono le variazioni nelle descrizioni:per esempio quando vi è un guardaboschi spensierato,che osserva da lontano ,il paesaggio appare stupendo,il vento forte è quasi padrone della zona circostante,le alte pendici appaiono quasi accessibili, gli alberi secolari offrono un habitat eccezionale agli animali di quei luoghi,la natura sembra “amica”dell'uomo.
    Nella circostanza invece in cui Barnabo e l'amico Berton iniziano la loro scalata in cerca
    dei briganti,lo scenario appare ben diverso:il bosco è immerso nella nebbia,nubi cariche di pioggia minacciano la mattinata, anche gli alberi sono visti con occhi diversi: “I rami degli abeti umidicci,un vento che fa turbinare tra i tronchi folate di nebbia.”
    Il paesaggio sembra quindi ostile alla partenza dei due,anche se ben presto tutto ciò si tramuta in un'afa quasi insopportabile;tutte queste descrizioni assumono quindi caratteri diversi a seconda delle circostanze e del punto di vista.
    Barnabo infatti è ostile alla partenza,ha paura di quello a cui possono andar incontro di conseguenza quella che in altre occasioni può sembrare una mattinata con tempo un
    po' incerto ma in via di miglioramento,come infatti sarà poi,qui sembra inevitabilmente
    segnata dalla pioggia e dal mal tempo.
    Su questo ho voluto soffermarmi,e,tanto per smentirmi da sola su quanto detto prima,la settimana prossima me ne andrò qualche giorno al mare...XDXD
    Scherzi a parte...non ho avuto scelta...!!!
    Un saluto...e....mi mancate tutti..!!!
    Serena

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  4. Ciao a tutti!!!
    Eccomi qui a commentare il terzo libro della nostra lista.
    Se devo essere sincero, probabilmente è stato il libro che mi ha preso meno tra quelli letti fino ad ora. Rispetto ai precedenti, infatti, ho trovato questo molto più lento nel ritmo e molto più ampio nelle descrizioni. La trama, inoltre, è molto meno elaborata rispetto, ad esempio, a quella di "I Cani E I Lupi", il che, a mio parere, tende a rendere il libro un po' troppo "scontato", "semplice". Tuttavia bisogna riconoscere la grande abilità dell' autore nelle descrizioni, che ci vengono presentate con chiarezza nei minimi dettagli, tanto da farci quasi percepire fisicamente gli elementi descritti. Anche io, come Stefano, ho assaporato più di altre la descrizione della scalata di Bàrnabo e Berton, una descrizioni limpida sia dei movimenti dei protagonisti, sia dell' ambiente, in cui sembra di trovarsi con il petto poggiato sulla roccia e di sentire la pace del silenzio rotto solo dal vento che soffia ad alta quota.
    Per quanto riguarda il personaggio di Bàrnabo, ritengo sia un po' particolare, ma sicuramente in continua evoluzione nel corso della vicenda, fino all' ultima pagina.
    Nella prima parte del romanzo mi chiedevo come mai il titolo prendesse il nome del personaggio Bàrnabo se, in realtà, fino a quel momento, di Bàrnabo si era parlato ben poco. Questo, infatti, inizia a prendere un ruolo predominante sugli altri solo in seguito alla morte di Del Colle. Dopo tale avvenimento, infatti, Bàrnabo si presenta come un guardiaboschi determinato, stimolato nelle sue azioni da uno spirito di vendetta per aver perso il membro più importante della “squadra” a cui egli appartiene; tuttavia la sua determinazione comincia ad oscillare durante la scalata e si dissolve totalmente quando egli si trova nel mezzo di una sparatoria e rimane paralizzato dalla paura. Successivamente a questo suo comportamento e ai provvedimenti presi nei confronti del protagonista, assistiamo a un cambiamento nel comportamento di Bàrnabo, che diventa insicuro, ferito nell' orgoglio, sofferente per aver perso, oltre alla sua dignità, le sue montagne, ovvero la sua vera casa.(continua)

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  5. PARTE 2
    Interessante è notare che, a questo punto della narrazione, l' autore ci illustra come, nonostante apparentemente il protagonista tenti di dimenticare le montagne, in realtà esse rimangano sempre nel suo cuore ed egli si aggrappi anche ad oggetti materiali o, addirittura, a un animale per tentare di recuperare il suo legame con esse. Proprio questo forte legame lo spinge ad accettare di tornare lassù, fra coloro dai quali era stato “disprezzato”, per tentare di riottenere la sua dignità di guardiaboschi, una dignità senza cui non poteva vivere in tranquillità. Ecco, quindi, che riappare il Bàrnabo determinato, che non si arrende nemmeno di fronte allo scherzo dei compagni guardiaboschi. Il punto del libro che più mi ha appassionato è stato il finale, che mi ha suscitato stupore e, insieme, compassione per la figura di Bàrnabo. Degna di lode, a mio avviso, è la decisione di non eliminare gli uomini che con le loro azioni hanno eliminato Del Colle e partecipato a rovinare quella del protagonista. Dopo aver riflettuto, sono giunto alla conclusione che, probabilmente, Bàrnabo, impietosito dalle figure dei nemici, ormai vecchi, abbia saggiamente stabilito che, anche uccidendo quegli uomini, non avrebbe riportato in vita il suo capo e, quasi sicuramente, non avrebbe nemmeno riacquistato la dignità di un tempo, anzi, non avrebbe fatto altro che ripetere l' errore commesso dai nemici in passato. Per questo mi è piaciuto molto la figura di Bàrnabo, un uomo caduto in errore per paura, ma in grado di rialzarsi con le sue gambe e, addirittura, di arrivare un gradino sopra tutti gli altri.
    Alex

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  6. Mentre ringrazio Serena ed Alex che, puntualmente, intervengono con i loro commenti, raccomando a tutti di seguire nella stesura dei commenti,le domande-stimolo e la traccia che vi ho proposto, sforzandosi di analizzare i libri con un po' di profondità, come alcuni di voi stanno dimostrando di fare... Per esempio, vi re-invito a soffermarvi sul tema del tempo come attesa nel romanzo di Buzzati(vedi domanda 2).

    Sollecito tutti gli altri a intervenire...!

    Elisa Carrà

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  7. Ciao a tutti,
    il libro non mi è piaciuto ma non mi è nanche dispiaciuto leggerlo. Infatti sono stata molto coinvolta dalle descrizioni delle montagne poichè mi hanno fatto ricordare le molte settimane di vacanze che in questi anni ho passato nella mia casa in montagna.

    Un'altro tema che che mi ha colpito molto del libro è stato la durata del racconto che si svolge in un arco di tempo molto lungo. Infatti dal delitto che impressionò tutti fino al ritorno tra le montagne sono passati molti anni ed è questo che secondo me rende la storia molto pessante da leggere.

    mi spiace del piccolo commento
    a presto
    Elena

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  8. Buongiorno a tutti!
    scusate il ritardo, ma ho avuto qualche problema con internet.
    Allora, questo è stato il libro che mi ha coinvolto di meno, finora. Troppo descrittivo, per una come me che non sopporta le descrizioni, ma sono rimasta colpita da un passaggio nel capitolo 16:" Ci sono ancora parecchi ceppi da ardere, ma la fiamma a poco a poco si abbassa. Nessuno si cura di alimentarla. Fra poco resteranno solo dei legni neri, si sentirà qualche scricchiolio, rimarrà una colonna di fumo, sottile e regolare. Avevano pensato che dovesse essere una bella sera, una sera speciale. Anche Fornioi, con tutte le sue proteste, era partito contento. Bisognava pur dirlo:solo in quella solitudine, nelle notti di guardia, era possibile parlare di certe cose. E poi, camminare a soli davanti alla Polveriera, pensare che tutti gli uomini stanno dormendo, sentire i rumori delle frane sulle pareti, pensare che è proprio l'ultima volta, che presto sorgerà l'alba e tutto sarà finito. Invece non c'è niente di bello, nessuna soddisfazione."
    Ecco, è proprio qui che secondo me si rispecchia una delle concezioni dell'attendere del libro, forse la più particolare. I guardiaboschi non vedono l'ora che arrivi l'alba per dichiarare finalmente conclusi i turni alla polveriera, la continua attesa per la protezione di qualcosa che li mette davanti al rischio, che li porta ad affrontare la paura (come nel caso di Bàrnabo) e che in un certo senso li costringe anche a fermarsi e riflettere. In contrapposizione a questa attesa, che crea una certa impazienza nei personaggi, si pone un'attesa che "logora" i personaggi; mi spiego meglio: i guardiaboschi sono si felici che finisca questa situazione, anche un po' stressante, si potrebbe dire, ma a mano amano che l'alba si avvicina, sentono nascere dentro di loro una sorta di nostalgia per tutto questo. A volte, più che un incarico, sembrava un'avventura che li ha uniti gli uni agli altri e che ha fatto nascere un'amicizia. Ecco quindi la presenza di due modi di vivere l’attesa opposti in contemporenea. Leggendo il libro, ho notato che Buzzati è solito mettere le maiuscole su alcuni nomi comuni, ad esempio Polveriera, Casa… secondo me utilizza questa particolarità per sottolineare l’importanza che questi luoghi per i personaggi.
    Ultima mia considerazione; riguarda uno stato d’animo che il libro ha suscitato in me. Solitamente, quando passo delle vacanze in montagna, sono “costretta” a compiere escursioni e quindi vedere la montagna più come luogo di fatica che paesaggio da ammirare e che induce a riflettere. Per la maggior parte della lettura ho captato una certa lentezza nello susseguirsi dei fatti, come un fluttuare tra le nuvole. Mentre, al momento della scalata di Bàrnabo e Bertòn, ho ritrovato la stessa sensazione che provo in una salita: fatica, stanchezza, ma allo stesso tempo voglia di continuare, di rischiare pur di raggiungere la propria meta. Ed è stato questo il punto in cui mi sono ritrovata nel romanzo.
    Bene, direi che può bastare..=)
    Ci sentiamo al prossimo libro.
    Ciao ciao!

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  9. Leggere questo libro è stata decisamente la peggiore delle costrizioni cui io sia mai stata sottoposta! Non vorrei esagerare, anzi mi spiego: fin dal titolo, “Bàrnabo delle montagne”, ho capito che questo non sarebbe stato un romanzo adatto a me. A me non piace la montagna; scorrendo le prime pagine, ho ritrovato subito quelle strane sensazioni di malinconia, solitudine, quasi di “vecchio”, che sono solita provare al solo pensiero delle alture, sensazioni accentuate ancor più dal ritmo della narrazione, a mio dire fin troppo lento. Neve e freddo, fatica, ghiaia… Ma devo riconoscere la notevole abilità di Buzzati nello stendere un simile racconto: penso ancora a come abbia fatto a fare descrizioni su descrizioni… senza pensare che magari sarebbero state un po’ pesanti per il lettore. Le mie considerazioni sono decisamente un po’ azzardate: forse non posso capire il fascino della montagna dal momento che l’ho frequentata pochissime volte, a differenza per esempio di lei professoressa (ho letto quello che ha scritto) che la ama, la sa apprezzare fino in fondo ed ha, cosa più importante, avuto occasione di leggere il libro proprio tra le Dolomiti.
    Il romanzo è comunque riuscito a catturare la mia attenzione in un passaggio, quando il protagonista Bàrnabo lascia la vita di guardiaboschi, per i motivi a noi noti, per cominciare il soggiorno a valle. Ho potuto anticipare gli stati d’animo del personaggio, i suoi pensieri: avviene un cambiamento talmente repentino che quasi non ricorda più il “prima di adesso”; cerca di vivere appieno la nuova fase ma, non appena vi sia qualcosa che gli faccia ricordare il passato, ecco che quest’ultimo ritorna, portando con sé rimpianti, rimorsi, nostalgia, sofferenze… ed è inevitabile il confronto con la vita di un tempo, una vita che era felice di avere e che ora non possiede più.

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  10. E succede tutto per colpa di uno sbaglio, di un errore che non possono perdonargli e che dovrà pagare a caro prezzo. La cornacchia è il ricordo vivente e, quindi, più intenso che Bàrnabo ha del suo passato e vederlo volare via, come succederà dopo quattro anni, lo farà sentire, ancor più, maledettamente solo e perso. Io penso che il soggiorno a valle di Bàrnabo sia stata una terribile attesa per lui, carica della speranza di poter riprendersi, un giorno, tutto ciò che un tempo era suo, quasi così scontato e naturale ormai, cui stava a contatto in ogni attimo delle sue giornate. Bèrton è il tanto atteso appiglio per riconquistare il posto che aveva tra le “sue” montagne.
    Ho scritto tutto di getto: tutto sommato può voler dire che il libro non è stata una completa sconfitta.. J
    Per fortuna sono riuscita a ritrovare anche qui un’esperienza della mia vita, che mi ha aiutato e leggere con più disinvoltura.
    Valentina

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  11. Mi spiace Valentina, per l'esperienza di costrizione che ti sei ritrovata a vivere,spero mi perdonerai, però da quello che hai scritto, hai capito il libro nei suoi significati profondi e sei riuscita senz'altro a farlo parlare a te stessa... Una costrizione liberante, mi è sembrata, alla fine!

    Elisa Carrà

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  12. Posto il commento di Camilla, che non riesce a scrivere nel blog. Misteri informatici...

    Ciaoo a tutti!!!sono Camilla una futura compagna di classe.Non vedo l’ora di conoscervi!
    Il libro mi è sembrato un po' noioso perchè io di solito leggo storie in cui la trama è incalzante, questo invece scorre piuttosto lentamente,però una volta finito ,ripensandoci sopra,mi sono resa conto che non era poi così male. La cosa che più mi ha colpito è il modo in cui l'autore descrive le montagne e i paesaggi,si vede proprio che le ama,le conosce e dà a loro una propria personalità per esempio:”una piccola nuvola urta la cima della Pagossa,vorrebbe fermarsi ma il vento la spinge via”,mi piace molto questa immagine che sia la nuvola che vuole fermarsi,cioè di dare alla nuvola la volontà di fermarsi.
    Barnabo vive l'attesa senza angoscia,aspetta qualcosa ma vive ogni singolo momento della sua giornata. Egli insieme ai suoi compagni vive per custodire la polveriera dai briganti che, però, non vede mai se non alla fine ma ciò non gli impedisce di assaporare sempre la bellezza della montagna. Io mi ritrovo in una fase della vita in cui spesso sono talmente presa dall'attesa anche di piccole cose che non riesco a godere il presente e quello che di positivo ha cosicchè spesso sono scontenta e mi sembra di aver perso un sacco di tempo. Quindi posso dire che questo libro mi ha aiutato a riflettere sulla filosofia dell’attesa.
    La cosa che più mi è piaciuta del personaggio di Barnabo è il suo comportamento finale,quando ha la possibilità di riscattarsi davanti a tutti portando in trofeo i briganti morti ma decide di farlo solo per se stesso, non uccidendo questi uomini che erano vecchi e malmessi ma lasciandoli liberi quindi rinunciando alla fama ma ottenendo un benessere interiore.Questo atteggiamento dovrebbe essere preso ad esempio poichè nella società in cui viviamo ormai si pensa sempre di più a se stessi e si è disposti a commettere qualsiasi schifezza pur di ottenere ciò che si vuole.Mentre Barnabo l’ ha fatto solo per stare in pace con se stesso.






    Grazie mille...e a presto..
    Serena

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  13. Cari ragazzi, posto io il commento di Camilla, che mi ha inviato come mail, perchè lei non riesce a scrivere nel blog.

    Ciaoo a tutti!!!sono Camilla una futura compagna di classe.Non vedo l’ora di conoscervi!
    Il libro mi è sembrato un po' noioso perchè io di solito leggo storie in cui la trama è incalzante, questo invece scorre piuttosto lentamente,però una volta finito ,ripensandoci sopra,mi sono resa conto che non era poi così male. La cosa che più mi ha colpito è il modo in cui l'autore descrive le montagne e i paesaggi,si vede proprio che le ama,le conosce e dà a loro una propria personalità per esempio:”una piccola nuvola urta la cima della Pagossa,vorrebbe fermarsi ma il vento la spinge via”,mi piace molto questa immagine che sia la nuvola che vuole fermarsi,cioè di dare alla nuvola la volontà di fermarsi.
    Barnabo vive l'attesa senza angoscia,aspetta qualcosa ma vive ogni singolo momento della sua giornata. Egli insieme ai suoi compagni vive per custodire la polveriera dai briganti che, però, non vede mai se non alla fine ma ciò non gli impedisce di assaporare sempre la bellezza della montagna. Io mi ritrovo in una fase della vita in cui spesso sono talmente presa dall'attesa anche di piccole cose che non riesco a godere il presente e quello che di positivo ha cosicchè spesso sono scontenta e mi sembra di aver perso un sacco di tempo. Quindi posso dire che questo libro mi ha aiutato a riflettere sulla filosofia dell’attesa.
    La cosa che più mi è piaciuta del personaggio di Barnabo è il suo comportamento finale,quando ha la possibilità di riscattarsi davanti a tutti portando in trofeo i briganti morti ma decide di farlo solo per se stesso, non uccidendo questi uomini che erano vecchi e malmessi ma lasciandoli liberi quindi rinunciando alla fama ma ottenendo un benessere interiore.Questo atteggiamento dovrebbe essere preso ad esempio poichè nella società in cui viviamo ormai si pensa sempre di più a se stessi e si è disposti a commettere qualsiasi schifezza pur di ottenere ciò che si vuole.Mentre Barnabo l’ ha fatto solo per stare in pace con se stesso.






    Grazie mille...e a presto..
    Serena

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  14. Ciao a tutti!
    Mi appresto anche io a commentare questo libro, di cui mi hanno colpito soprattutto le descrizioni delle montagne.
    Sono queste, per me il vero protagonista del libro, non Barnabo, o i banditi o qualunque altro personaggio: sono loro infatti che, pur restando ferme sono il motore di tutte le azioni di Barnabo.
    La montagna è nel romanzo contrapposta alla pianura: questi due ambiente, oltre che essere contrapposti nell'aspetto, sono diversi in quello che rappresentano: la pianura è sempre uguale, in qualunque posto tu vada; essa inoltre è un posto sostanzialmente privo di pericoli, in cui ogni giorno assomiglia a quello dopo e dove il lavoro è monotono. La montagna, invece, è imprevedibile e multiforme; è un posto in cui perfino la roccia, simbolo di forza e di immutabilità può tradirti e farti precipitare nel vuoto. A vederla da lontano pare solo un posto pericoloso a cui è meglio stare lontani. Se, però, si incomincia a "viverla", a immergere gli occhi nei suoi nevai e crode; se si immergono le mani nei suoi ruscelli d'acqua pura e se si incomincia a camminare sui suoi sentieri, è inevitabile che ce ne si innamori di lei e che ogni altro paesaggio risulti insulso. Barnabo, quindi è rimasto anche lui affascinato da quei posti ed è normale che il suo desiderio sia quello di tornare alle "sue" montagne. Lui, però, non capisce da subito qual'è il suo vero obiettivo: infatti crede che il suo obiettivo sia riscattare le sue azioni passate e ritornare tra i guardiacaccia. Solo in quella notte, mentre aspetta i banditi si accorge che quello che gli mancava erano "solo" quelle montagne che ora, dopo anni il suo sguardo poteva riabbracciare...
    Del libro mi ha anche molto colpito la descrizione della scalata per due ragioni:primo perché mi potevo quasi immedesimare con quei due uomini mentre sfidavano la montagna e si aggrappavano a lei.Potevo addirittura condividere il senso di pace e liberazione che si ha quando si arriva in vetta, quello che ti fa dimenticare ogni cosa fuorché la vista del mondo disteso sotto di te.In secondo luogo sono stato colpito dalla reazione dei due uomini al fatto di, arrivati in cima, non aver trovato tracce dei banditi, è comunque di felicità per essere arrivati lì in cima.Un'altra cosa che mi ha colpito è il modo con cui arrampicano: in confronto ai materiali e alle assicurazioni che si usano adesso, quello che hanno fatto loro pare quasi una scalata fatta in libera (ovvero senza assicurazioni di sorta).
    Penso che Buzzati abbia voluto in questo libro descrivere in primo luogo l'amore che lui ha per le montagne, a cui poi aggiungere il resto della storia.
    In ultimo vorrei dire a Valentina che le montagne non sono solo "neve e freddo, fatica, ghiaia" ma sono molto di più: sono una costante sfida con se stesso e con la natura che non si vuole mai smettere. Concludocon una citazione dal libro "montagne di una vita" di Walter Bonatti, uno dei più famosi alpinisti mai esistiti:

    e durante i successivi cinque giorni,
    la durata della mia avventura solitaria,
    è come se fossi vissuto su un altro pianeta,
    come se fossi penetrato in un'altra dimensione sconosciuta,
    come se fossi entrato in uno stato mistico e visionario
    in cui l'impossibile non esiste
    e tutto può riuscire."

    Enrico

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  15. Grazie Enrico per il tuo bellissimo e sentito commento, per la citazione finale, per l'amore per le montagne che le tue parole lasciano trapelare...

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  16. Bel libro, mi è piaciuto. Commenterò seguendo gli aspetti principali.

    1. il personaggio di Bàrnabo è caratterizzato dalla paura e dall’orgoglio. Le prime volte che lo si vede si nota la sua aggressività nel litigio con Molo (anche se poi lo lascia andare quando vede che soffre) e nei confronti di Montani durante la notte con Bertòn nella baracchetta della Polveriera (“Ci disprezza tutti quanti, ecco che cosa pensa”, “Già, Montani non si fida di lui. Chissà che cosa crede di essere. Solo per farsi credere zelante; per essere qualcosa di più che gli altri”). In fondo aggressività ed orgoglio sono anche delle reazioni al sentimento di paura. La paura del protagonista viene fuori anche nella caccia ai briganti con Bertòn sulle montagne e l’orgoglio non gli fa ammettere il suo sentimento. Ugualmente nello scontro alla Polveriera viene colto da una paura paralizzante e più tardi si vergogna di ciò (cosa secondo me orgogliosa: è normale avere paura).
    Quando poi il protagonista ritorna nella valle di san Nicola è a disagio tra i vecchi compagni che lo accolgono come un amico, non vuole rispondere alle domande. Preso il suo posto nella Casa nuova, ritorna la necessità di riscattarsi, di farsi valere e va per uccidere i briganti, questa volta da solo (tutta la trama, specialmente dal suo licenziamento, è caratterizzata dalla solitudine). Ciò che gli serve, che ricerca, è semplicemente la storia del suo valore da raccontare agli altri, per rafforzare il suo orgoglio: “Per poterlo raccontare domani, per poter cantare vittoria. Per sé, Bàrnabo davvero non sente il bisogno di prendersi una vendetta. Quell’attimo di vigliaccheria è una cosa ormai lontana. Tanti anni sono passati, solo adesso se ne accorge. Gli tremerebbe anche ora il fucile, se ci fosse la paura.”. Quando è il momento di sparare Bàrnabo non ha paura (primo cambiamento) ma ugualmente non spara, non ce n’è più bisogno (secondo cambiamento: non ha più bisogno di soddisfare il proprio orgoglio). “Tutto come al solito. Nulla davvero è successo.” (Bàrnabo è appena tornato a casa dopo non aver ucciso i briganti), ma “Si è rotto come una specie di incanto” (Bàrnabo sta tornando a casa dopo non aver ucciso i briganti) e “Molte cose sono [in verità] cambiate” (Bàrnabo mentre aspetta di non uccidere i briganti e non gli batte il cuore dalla paura).

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  17. 2. l’aspetto dello scorrere del tempo in questo libro è molto vicino alla mia esperienza. È normale per me, se sono i montagna o in qualche bosco, restare da solo un poco, osservare ciò che mi circonda e, nel silenzio/rumore della natura, sentire il senso del tempo che scorre (“E, disteso ai raggi del sole, adesso sente il tempo passare.”; “La vita continua a passare, ininterrotta su tutta la terra”; “È una di quelle notti in cui sembra di sentire il tempo che passa.”): la natura sembra immobile o ripetitiva nei suoi movimenti ma il tempo continua a scorrere e a fare cambiamenti che si notano solo ore dopo (“Il sole è salito in alto senza che essi se ne siano accorti.”), giorni dopo (“Sembra che il tempo ci metta tanto a passare e poi invece fugge come il vento. È giunta ormai la fine di settembre sulle montagne di san Nicola. La stagione è rimasta finora bella, le crode hanno però un colore diverso[…]”), anni dopo (“Qualcuno allora stacca il fucile dalla parete, lo spolvera e compera le cartucce. Resta una lunga macchia sul muro, dove lo schioppo era appoggiato. Eppure sembra ieri l’ultima volta che lo si è adoperato. Bisogna poi vedere come la canna nell’interno è arrugginita. Pare ieri, eppure adagio adagio la macchia sul muro si è formata. È proprio così che passa il tempo.”; “Il sacco, da quel giorno, non è stato più aperto. Bàrnabo l’aveva voluto lasciar così per aver l’illusione, ritrovandolo, che il tempo non fosse passato. Ma adesso, riprendendolo in mano, vedendo tutta la polvere, sentendo la tela seccata, Bàrnabo comprende bene il vuoto che hanno scavato gli anni”). Rifacendomi a quest’ultima citazione, bisogna dire che comunque sia nel libro sia nella realtà ci può essere l’illusione che il tempo non sia passato (“Si trattava del suo migliore amicoe con lui era salito sulla Cima della Polveriera; Bertòn aveva inoltre cercato di salvare Bàrnabo davanti all’ispettore. Eppure non c’era nulla da dire: proprio come se si fossero visti la sera prima.”) o che sia passato perfino più in fretta (“È tale e quale l’aveva preparato alla Casa nuova, tre o quattro ore prima. Eppure sembra passato molto più tempo. Sono passate poche ore di marcia per staccare Bàrnabo da tutta la sua esistenza di guardaboschi.”).
    Si può notare l’importanza del tempo in questo libro dal continuo riferimento che si fa alle ore, alla posizione del sole, alla presenza o meno di luce.

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  18. 3. non so veramente cosa dire sulle descrizioni dei paesaggi. Sicuramente hanno risvegliato in me delle immagini vivide ma sono quasi completamente frutto dell’immaginazione. Mi spiego. Le descrizioni di Buzzati sono ricche di informazioni a cui non viene data, però, una struttura d’insieme che sta alla mente creare. Secondo me questo aspetto è molto stimolante e aiuta il lettore a sentirsi partecipe della vicenda in quanto le descrizioni risvegliano immagini di luoghi già visti.

    Concludo dicendo: non si preoccupi professoressa, stiamo tutti facendo i nostri compiti da bravi studenti!

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  19. Non mi preoccupo affatto, caro Daniele! So che se lo volete, siete bravi... :-)Quello che mi stava a cuore è che, durante questa lunga estate, leggeste e rifletteste sui romanzi, esprimendovi in libertà sui libri letti... Per questo ogni tanto vi ho spronato, anche perchè qualcuno non si è ancora fatto sentire...
    E veniamo ai tuoi commenti: davvero belli, sentiti, analitici, personali. Dalle tante citazioni che hai riportato,capisco che gustato il libro nei suoi minimi passaggi.
    A proposito del terzo punto: pensa che l'anno scorso, nell'ambito del laboratorio sulla narrativa del'900, ha tenuto una lezione nella nostra scuola la prof. Patrizia Dalla Rosa, che dirige il Centro studi Buzzati a Feltre. tra le tante cose, ha detto che per leggere Buzzati bisogna predisporsi a immaginare. I luoghi, i paesaggi da lui descritti sono reali ma devono anche essere ricreati dall'immaginazione, dalla fantasia del lettore. Proprio come hai osservato tu...

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  20. Ecco il mio secondo commento, stavolta al libro "Barnabo delle montagne" libro che ho letto un mese fa ma che la mia mente rimembra ancora alla grande a differenza del latino :).
    Anzitutto dico da bravo "Capitan ovvio" che il libro è molto lento ma non per questo mi è piaciuto meno, anzitutto perche il ritmo collima perfettamente con le descrizioni dei fatti e degli avvenimenti aiutando il lettore a inserirsi nel contesto narrato.
    A mio parere la vicenda, molto semplice, si adatta anch'essa al contesto ma passa quasi in secondo piano davanti alle assolute protagoniste del romanzo: le montagne, coi loro segreti e paesaggi mozzafiato.
    Le descrizioni degli ambienti sono inserite perfettamente nella trama e scandiscono la vicenda, unite allo stile si crea un atmosfera di quiete e pace, quasi fuori dal tempo e sospesa in un limbo di silenzio. Forse è proprio questo ciò che più ho apprezzato nel libro, la grande attenzione alla natura, a mio parere qualcosa di più spettacolare nella sua semplicità di qualunque vicenda.
    Sperando di non avervi annoiato con questo commento posterò i prossimi nei giorni a venire

    Michele

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  21. Questo libro è strano. Parla di una storia di cui potevamo fare benissimo a meno, scritta in un modo particolare. Ed è proprio per questo che mi è piaciuto. Barnabo delle montagne non è un libro comune, classico, facile. È ben diverso da qualunque romanzo abbia mai letto fin ora.

    Innanzitutto, la storia. Di certo sentirsi narrare le vicende di un guardaboschi tranquillo e un po’ fifone non è il desiderio che ti sveglia la mattina. Il modo in cui scrive Buzzati, poi, confonde ancora di più le idee. Il libro non è infatti a mio parere un elogio alla natura, una minuziosa descrizione dei paesaggi montani: nonostante venga lasciato molto spazio all’illustrazione dei paesaggi, non è solo questo ciò di cui è costituito il romanzo. Inoltre, non è nemmeno un’analisi psicologica del codardo e timoroso Barnabo, considerato che le sue riflessioni personali sono apparse, a mio parere, spesso poco dettagliate e precise. Infine, questo racconto non è nemmeno una vera e propria storia, che appassiona, con colpi di scena o stratagemmi per tenere incollato il lettore alle pagine. Barnabo delle montagne secondo il mio modesto parere è un’unione di tutto ciò, un miscuglio di vari aspetti, senza però approfondirne nessuno. Ed è proprio questo che lo rende diverso da un qualsiasi romanzo che abbia letto.

    In particolare, mi è piaciuto il modo di narrare le azioni di Barnabo usato da Buzzati. Contrariamente a quanto vuole la grammatica, raramente utilizzava sinonimi per descrivere ciò che faceva il protagonista. Molto più semplicemente, ripeteva in continuazione il suo nome, come una cantilena, quasi fastidiosa. “Barnabo pensava quello… Barnabo faceva quello…” La stranezza di questo particolare metodo di scrittura mi ha affascinato, e nonostante un moto di repulsione mi ricordasse ogni volta che quello era un errore, una RIPETIZIONE, e che se l’avessi fatta io in un tema avrei preso quattro, mi ha stupito l’effetto che riusciva a creare. Barnabo è il protagonista assoluto, esistono solo lui e le montagne, è il suo romanzo. Tutto il resto, è solo uno sfondo.

    Francesco T.

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  22. Ciao a tutti!

    Finalmente sono arrivato a parlare dell'ultimo libro assegnato,e poi potrò anche "tirare le somme" su questa nuova esperienza di lettura e scrittura.
    Quando ho scritto il commento sul libro "Il garofano rosso" ho detto che era l'unico libro che non mi era piaciuto...almeno fino a quando ho letto quest'ultimo.
    Purtroppo l'ho trovato noioso sotto tutti i punti di vista,che adesso andrò elencando.
    Per prima cosa la vicenda:la storia di Barnabo non mi ha per niente preso e ho fatto fatica a leggerla tutta.
    In secondo luogo lo stile dell'autore non mi ha convinto.Può essere infatti interessante il fatto di scrivere un libro usando principalmente il tempo presente per coinvolgere il lettore,ma da questo punto di vista l'autore ha fallito,perchè ci sono così tante descrizioni,pensieri,che l'insieme è monotono.Per ultima cosa prendo in esempio la parte in cui i guardiaboschi prima cercano i banditi e poi li affrontano nella sparatoria dove poi Barnabo si nasconderà: potrebbe essere coinvolgente e dovrebbe appassionare il lettore,invece è raccontata in un modo che non cattura l'attenzione.
    Spero di non avere letto con troppa sufficienza il racconto ma queste sono le mie impressioni a caldo...

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  23. Ciao a tutti
    questo libro mi è proprio piaciuto, ovviamente non per la trama incalzante, nè per i colpi di scena e nemmeno perchè mi piace la montagna, ma per la bravura con la quale l'autore ha saputo descrivere il paesaggio.
    Mi ricordo che questo libro l'ho letto all'inizio d'agosto sotto il solo cocente, al mare, proprio l'opposto del luogo in cui è ambientato il romanzo, e perciò è stato un buon rimedio per il caldo. Infatti leggendo le pagine mi sembrava prorpio di scalare le montagne insieme a Barnabo e Berton e di sentire la brezza fresca di montagna.
    Inoltre mi ha colpito l'amore che Barnabo provava per quei luoghi che doveva proteggere con il suo lavoro e di come, dopo essere stato cacciato e aver iniziato a lavorare come bracciante nei campi, il suo pensiero fosse sempre rivolto alle montagne e non si spegnesse mai in lui la speranza di tornarci.
    Quindi per me questo è un romanzo "tranquillo", ma coinvolgente come il migliore dei gialli.
    Alice

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  24. scrivo anche ora per Luca.

    ciao a tutti
    Questo libro mi è parso un po' noioso e monotono, forse troppe descrizioni dell'ambiente. La montagna e i boschi sono sicuramente descritti molto dettagliateamente e in ogni suo particolare, creando un paesaggio molto suggestivo, ma la trama è un po' troppo semplice e noiosa.
    Invece, il protagonista Barnabo mi è proprio piaciuto come personaggio, non statico e monotono, ma molto attivo, dinamico, anche nei comportamenti. Infatti, da semplice guardiaboschi, che ha paura della solitudine, dei briganti e della morte, cambierà moltissimo nel corso del libro. Il mutamento più grande avviene quando viene licenziato dal posto di guardiaboschi e va a lavorare nella campagna. Qui prova un senso di nostalgia continuo della montagna, e nel momento in cui ritorna nei boschi dai suoi vecchi compagni risulta fortemente cambiato. Non ha più paure, lui vuole stare solo nella sua montagna e nei suoi boschi.
    Riguardo il tema dell'attesa, posso dire, che non l'ho molto colto e se presente non faceva altro che appesantire il libro. Forse le lunghe giornate in presidio alla “polveriera”, in attesa che qualcuno arrivasse, o l’attesa finale che i briganti tornassero per un nuovo attacco sono i punti del libro nei quali il tema dell’attesa è presente.
    Luca

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