Nei primi anni trenta, la vita di Elio Vittorini è segnata da un nuovo incontro con una figura femminile, la milanese Ginetta, moglie del commediografo Cesare Vico Lodovici, per la quale consolida una forte simpatia che lo porterà alla decisione di stabilirsi da solo a Milano. Tornerà a casa nell’agosto del 1934, per la nascita del secondo figlio, tenuto a battesimo da Montale. Ma la vita dello scrittore è anche segnata dall’impegno politico. Le sue critiche al Regime, apparse sul giornale fascista “Bargello”, gli procurano una denuncia, a cui segue la consegna della tessera al Partito, pur continuando la collaborazione alla rivista con lo pseudonimo di “Abulfede”. Nel 1936 comincia stesura del romanzo “Erica e i suoi fratelli”, rimasto interrotto per la guerra di Spagna e inedito fino al 1954 per lasciare spazio a “Conversazione in Sicilia”, pubblicato con il titolo definitivo da Bompiani nel 1941, considerato unanimemente il capolavoro dello scrittore.
Gli anni ’40 sono segnati dall’avvicinamento ai primi testi marxisti, dal trasferimento con la famiglia a Milano e dalla rottura con la moglie. Nel ’40 comincia il lavoro di preparazione dell’antologia Americana, opera censurata dal fascismo, per cui il volume uscirà nel 1942 con le note critiche di Vittorini quasi del tutto soppresse. Gli anni ‘43-’44 sono molto intensi politicamente: dall’arresto durante una riunione clandestina per un’edizione speciale dell’Unità al carcere, alla lotta nelle file della Resistenza, alla preparazione a Firenze di uno sciopero generale, alla fuga inseguito dalla polizia tedesca, al ritiro in montagna. Qui, nel ’44 scrive Uomini e no.
Finita la guerra, l’impegno partigiano, il fascismo, nel 1945 dirige per alcuni mesi “l’Unità” e pubblica Uomini e no. Dirige anche e collabora al “Politecnico”, contribuendo ad animare il dibattito sul rapporto tra politica e letteratura. Si iscrive al partito comunista, ma i rapporti diventano presto difficili. Nel 1947 esce Il Sempione strizza l’occhio al Frejus e nel 1948 Il garofano rosso, primo romanzo di Vittorini, apparso a puntate sulla rivista “Solaria” nel 1933-34, ma giudicato dalla censura fascista contrario alla “morale e al buon costume”, senza permesso di pubblicazione.
Gli anni ’50 sono caratterizzati dalla scrittura e dalla pubblicazione di nuovi romanzi: Le donne di Messina, la traduzione americana di Conversazione in Sicilia, l’inizio del romanzo La garibaldina, l’inizio di Le città del mondo. Ma sono anche caratterizzati da nuove collaborazioni giornalistiche, come quella con “La Stampa” dove lo scrittore pubblica saggi sulla letteratura americana, e dove ha luogo la polemica con Togliatti. Nel ’57 pubblica con Bompiani Diario in pubblico, raccolta dei suoi saggi critici. Nel ’60 dirige la collana di Mondadori “La Medusa” e nel ’61 si avvicina la mondo del cinema, scrivendo la sceneggiatura del film “Le città del mondo”, mai realizzato.
Gli ultimi anni di vita dello scrittore si svolgono intorno alla rivista “Il menabò”, sulla quale Vittorini affronta la questione del rapporto tra letteratura e industria. Nel 1963 si ammala gravemente. Nonostante la malattia, assume la direzione della collana “Nuovo Politecnico” di Einaudi. Nel 1966 muore a Milano.
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