Anche noi, forse, in questi giorni siamo in viaggio verso qualche meta delle nostre vacanze, o andremo nei prossimi giorni, o siamo da poco tornati. Le vacanze sono un tempo speciale per riscoprire cosa significhi lasciare i propri luoghi e partire verso altre direzioni.
Viaggiare significa scoprire posti nuovi, incontrare, intrecciare relazioni, scorgere nuove bellezze, ma anche stare con noi stessi e riappropriarci di ciò che ci abita dentro...
Con questa esperienza nell'animo, che penso sia nota a tutti, ci apprestiamo a commentare e a discutere la storia del viaggio narrata da Elio Vittorini in Conversazione in Sicilia.
Solo qualche spunto per avviare la discussione:
- Quali sono gli incontri più significativi che il protagonista vive tornando in Sicilia?
- Quale relazione il romanzo lascia emergere di Salvatore con la madre e quale con il padre?
- Con quali stati d'animo inizia il viaggio e con quali altri lo conclude e torna al Nord?
- Che significato/i assume il viaggio compiuto da Salvatore?
- Che immagine trapela della Sicilia dal romanzo?
- Quali possibili interpretazioni si possono dare al romanzo? (Per rispondere a questa domanda potete/dovete consultare qualche sito e leggere qualche analisi critica).
Ricordo a tutti che le domande sono solo degli spunti per facilitare i vostri commenti, ma che potete sentirvi liberi nell'esprimere le vostre considerazioni.
I post sul libro vanno inseriti qui di seguito. Chiedo a tutti di firmarsi in modo chiaro, gli pseudonimi non consentono di capire chi è l'autore dei vari contributi.
Infine, ricordo che potete continaure a inserire i vostri post anche per gli altri libri. Le discussioni rimangono aperte!
Forza ragazzi, vi attendo numerosi!
La foto è stata attinta dal sito www.fuggire.it
Ciao a tutti, sono le 23.30!!! Eccezionalmente sono il primo a scrivere il commento del libro, visto che tra 6 ore devo essere in aereoporto per andare in Irlanda e quindi prima il dovere e poi il piacere...
RispondiEliminaConfesso che il libro non mi è piaciuto molto, sia per il modo in cui è scritto, sia per il tipo di storia. Le frasi sono corte, spesso ripetute, come se fossero delle "formule rituali", e ogni tanto viene usato un linguaggio simile a quello della poesia.
Dal titolo ho pensato che fosse un libro basato sul dialogo e infatti la storia parla di Silvestro, trentenne intellettuale e tipografo da quindici anni al nord Italia, che incontra una serie di personaggi significativi durante il suo viaggio in Sicilia per andare a trovare la madre abbandonata dal marito.
Con questi personaggi simbolici il protagonista comunica in modi diversi, ma soprattutto ascolta le loro parole. Per Silvestro questo viaggio è importante perchè riscopre il suo passato, rivede il paesaggio della terra natale e in lui affiorano molti ricordi dell'infanzia e della giovinezza trascorsa in Sicilia fino all'età di 15 anni.
La maggior parte del romanzo è in prima persona e il narratore è appunto il protagonista Silvestro e forse anche lo stesso scrittore Vittorini che, penso, vuole così narrare le sue emozioni, i suoi sentimenti, il suo pensiero.
Tra i personaggi incontrati, i più significativi sono due uomini identificati con "Coi Baffi" e "Senza Baffi", il "Gran Lombardo", la madre Concezione, l'arrotino Calogero e i suoi amici, e il fratello Liborio. I due poliziotti ("Coi Baffi" "Senza Baffi") rappresentano il potere oppressivo (fascismo) e sono malvisti dai passeggeri presenti sul treno; il Gran Lombardo è un vecchio che aspira alla libertà e parla di "nuovi e più alti doveri per gli uomini"; con la madre ricorda e rivive molti momenti della lontana infanzia e accompagnandola nel "giro delle iniezioni", scopre un mondo pieno di dolore, povertà e malattia.
In questa parte gli uomini, rappresentati solo atttraverso voci e ombre, vivono in ambienti per la maggior parte umidi e bui come se fossere delle caverne. Questa ambientazione e le altre descrizioni del paese e della natura circostante aumentano la percezione della miseria di quella povera gente.
L'arrotino Calogero è un personaggio buffo che si rallegra della possibilità di affilare il temperino di Silvestro, visto che altrimenti non trova più lame, spade, forbici nei suoi giri per il paese. Potrebbe simboleggiare, coi suoi amici, la rivoluzione contro l'oppressione del potere politico.
Nell'ultima parte del libro, Silvestro intravede al cimitero lo spirito del fratello ucciso in guerra e poi, nella casa della madre, un uomo non ben identificato, che, secondo me, potrebbe essere il padre perchè si mette a piangere e non vuole guardare Silvestro, verso il quale forse si sente il colpa.
Tra il libro della Nemirovsky e questo, preferisco sicuramente il primo che mi ha maggiormente coinvolto per la storia più appassionante, dal momento che presenta uno sviluppo e uno svolgimento che in "Conversazione in Sicilia" non ho trovato.
Per ora mi limito a questo; magari al mio ritorno riprenderò il discorso dopo averci meditato sopra e letto gli altri commenti .
Andrea
Cari compagni, eccomi qua nuovamente per discutere del secondo libro :) Prima di tutto volevo parlare delle impressioni che mi ha suscitato. Appena ho iniziato a leggerlo, infatti, gli avevo attribuito un giudizio negativo; poi, però, con il tempo, il mio parere tendeva a cambiare; finché, pochi giorni fa, dopo un po’ di tempo da quando avevo finito di leggerlo, mi sono resa conto che mi è proprio piaciuto. Il problema, quindi, è stato più che altro la lettura che era lenta e spesso ripetitiva; se però si analizza bene la storia, secondo me ci si rende conto di quello che si nasconde dietro di essa, e i suoi possibili significati.
RispondiEliminaRiguardo gli incontri che ritengo essere i più significativi, penso che le prime conversazioni in treno siano solo il preludio di ciò che accadrà dopo; con le persone che incontra in treno, infatti, Silvestro inizia ad osservare gli svariati comportamenti di persone con caratteri diversi; ma quello più significativo, a mio parere, è l’incontro con il Gran Lombardo, un uomo forte e in cerca di nuovi doveri per essere in pace con il mondo. Successivamente il rapporto con la madre mette in luce diversi aspetti alimentati soprattutto da ricordi. Gli stessi dialoghi o comunque incontri avuti con i malati hanno un’importante funzione su Silvestro, che ad ogni cosa che gli capita tenta di dare un significato. L’incontro che avrà poi con i 3 personaggi più simbolici (Calogero, Ezechiele e Porfirio) danno al romanzo un tocco particolare. Ognuno di essi, infatti, è alla ricerca di una soluzione per poter rivoluzionare il mondo, avendo quindi in comune la voglia di combattere e non soffrire più per ‘il mondo offeso’. Lo stesso spirito del fratello morto in guerra darà un segnale a Silvestro ricordandogli quanto è ingiusta la guerra, ma soprattutto quanto dolore porta e quanto poco risolutiva sia. Volevo inoltre ricordare che tutti i personaggi che Silvestro incontra rappresentano una parte di popolo, quella più povera o comunque non riccastra, che, proprio stando in contatto con la realtà più comune, ha gran voglia di alzare la voce e di farsi sentire.
Il padre e la madre di Silvestro, invece, risultano avere due caratteri molto diversi: l’uno (il padre) più fragile, galante e traditore nei confronti della madre; l’altro (la madre) più combattiva, forte di carattere e somigliante al proprio padre, definito un Gran Lombardo dallo stesso Silvestro. Il dialogo con la madre metterà quindi in luce questi aspetti e caratteristiche di entrambi. Dal romanzo, però, è evidente quanto Silvestro fosse all’oscuro di molte cose accadute quando lui era ancora piccolo; dunque si può dedurre che il rapporto che Silvestro aveva con i genitori era povero di dialogo e di conoscenza reciproca. Solo durante questo viaggio, infatti, riesce a conoscere ciò che la madre non gli aveva mai raccontato, oltre a portare alla luce ricordi di cui non aveva fatto tesoro.
In tutto il romanzo è anche evidente la ricerca di una soluzione, di un modo di agire comune per poter affrontare la crudeltà del mondo; già all’inizio del viaggio, infatti, Silvestro dice di ‘essere in preda ad astratti furori’; è evidente, dunque, come sia abbattuto e disfatto dalla vita, vista come ‘una non speranza’. Il viaggio, quindi, ha anche e soprattutto questo significato: trovare una soluzione al male del mondo. Il finale, però, sembra far trapelare un messaggio diverso al lettore: soltanto la morte libera dalla sofferenza. Ciò che appunto il finale trasmette è sempre la non speranza, quella non speranza che c’era anche all’inizio, che lo stesso Silvestro provava nei confronti della vita. E’ come se il viaggio avesse dato svariate possibilità di soluzione, ma nessuna di queste adeguata, data anche la grande indifferenza che si cela dietro un popolo che non reagisce per andare contro le ingiustizie. Riguardo al viaggio compiuto, è possibile intenderlo anche come un viaggio di crescita, di ritorno alle proprie origini o un viaggio alla ricerca della propria identità dove Silvestro matura con il tempo, quindi un viaggio di formazione.
RispondiEliminaLungo il romanzo è anche possibile percepire alcuni luoghi, luoghi della Sicilia, visti come posti in cui Silvestro passò la propria infanzia e la propria giovinezza, e che aveva dovuto abbandonare per raggiungere il nord d’Italia. E’ evidente, quindi, una profonda nostalgia legata alla Sicilia, patria non solo di Silvestro, ma anche dei protagonisti del romanzo e dello scrittore stesso.
Riguardo le possibili interpretazioni che il romanzo lascia trapelare, devo dire che se non fossi andata in internet per approfondire la storia, non sarei stata capace di immaginare tutto quello che in realtà il libro voleva trasmettere. Ciò che mi sembra più plausibile è il fatto di interpretare il romanzo come un sogno in cui compaiono solo scene distaccate l’una dall’altra, senza un vero collegamento; oppure come una critica al fascismo se si considera il romanzo in chiave simbolica. In questo caso, per non ricorrere nella censura del regime fascista, Vittorini avrebbe dato sfogo al suo essere antifascista tramite dialoghi e personaggi da sondare nel profondo, compito, questo, dato al lettore. Se prendiamo in considerazione la prima interpretazione, invece, questa viene confermata dalle innumerevoli ripetizioni e dall’incontro finale, davanti alla statua di bronzo, con tutti i personaggi incontrati durante il viaggio. Tra questi è possibile considerare l’arrotino come il rivoluzionario che cerca di trovare consenso tra il popolo, nonostante quest’ultimo sia indifferente di fronte alle violenze subite; Ezechiele che sta ad indicare la filosofia consolatoria e Porfirio che rappresenta la cultura cattolica che confida nell’azione dell’Acqua viva.
In definitiva, quindi, secondo il mio parere, se letto superficialmente non trasmette molto, ma approfondendo di più i protagonisti e i dialoghi tra essi, è possibile cogliere gli aspetti più nascosti e più significativi dell’intera opera! Buon proseguimento a tutti e alla prossima :)
Valeria
Ciao a tutti, finalmente eccomi qui anche io (ho avuto contrattempi vari)! Premetto che non ho capito molto (per non dire niente) il senso del libro, e confesso che non mi è piaciuto: in particolare mi davano fastidio le ripetizioni delle stesse frasi e il dover decifrare tutto ciò che non si ripeteva; ma l'ho letto tutto.
RispondiEliminaDunque... L'incontro più significativo tornando in Sicilia è stato senz'altro quello con la madre, benchè non sembri (quando è arrivato a casa sua si sono salutati come se si fossero visti un paio di giorni prima, altro che 15 anni!), ma anche l'incontro con il “Gran Lombardo” non deve essere da meno, visto che dà origine nel libro a una sorta di figura stereotipata che salterà fuori in particolare parlando “delle offese del mondo offeso” e “di altri doveri” (certamente in polemica antifascista, questo l'ho capito da solo), quindi non tanto con la madre quanto con: terzo incontro significativo: l'arrotino (Calogero) e i suoi amici (Ezechiele e Porfirio [che nomi!]). Un'allegra combriccola, di evidente orientamento politico di sinistra, probabilmente comunista.
Torniamo al primo incontro significativo: la madre, Concezione. Il rapporto che si delinea con il figlio è decisamente inusuale e, sinceramente, non saprei proprio come definirlo (mi sono impegnato a non leggere i commenti prima del mio per non farmi venire la tentazione di copiare, chiedo pertanto scusa per questa mia defaillance nella risposta!), mentre quello con il padre è di ammirazione: Silvestro, infatti, vede spesso suo padre nell'ottica di eroe shakespeariano, oppure, al peggio, lo vede come un pover'uomo con delle scelte non biasimabili. Invece, è palese quanto la madre critichi tali scelte e tale uomo in generale: l' “uomo di Concezione” è suo padre, non suo marito... Nel complesso, il rapporto di Silvestro (nota: non Salvatore, le faccio cortesemente notare l'errore, prof, anche se non è affatto grave) con i genitori non è né felice né triste, né semplice ma nemmeno complicato... Di sicuro, però, è privo di interesse (mi sembra che l'apparente stima del padre sia dovuta più per contraddire la madre nei suoi discorsi per stuzzicarla che per convinzione personale!).
Gli stati d'animo all'andata (vale a dire alle pagine iniziali) sono perlopiù depressione e indifferenza, tipici di quando pensi che a questo mondo nulla vale la pena di vivere e di lottare per migliorarlo. Il protagonista è quindi un uomo che sembra andare per la sua strada per inerzia.
Alla fine dell'andata si percepisce un interesse per qualcosa, e precisamente per la Sicilia e per il proprio passato in tale terra; mentre al ritorno imminente (finale del libro)... Ehm... Non l'ho capito.
RispondiEliminaChe stati d'animo provava? Chi era il vecchio all'ultimo capitolo? Era reale o no quell'aneddoto in stile “fumavo e piangevo al cimitero: in realtà stavo ricordando.”? E simili... Francamente non lo so! Sta di fatto che dal romanzo trapela l'immagine di una Sicilia povera ma ricca allo stesso tempo: povera di mezzi medici ed economici ma ricca di tradizioni e di vitalità [che bella frase]. Un'immagine che, descrivendo una terra come molto particolare e diversa dal resto del mondo, suscita quantomeno curiosità.
Ora, vediamo le interpretazioni del romanzo (per fortuna che possiamo consultare qualche sito e leggere qualche analisi critica (cit. prof.) perchè da solo, a parte per la percezione di un sottofondo politico antifascista, non saprei proprio cosa scrivere: non sono Mariotti...)... Beh, le frasi più significative che ho trovato sono queste:
“Conversazione in Sicilia è, in buona sostanza, la testimonianza della condizione italiana negli anni del fascismo e la rappresentazione della difficile e insopportabile situazione di coloro che, in pochi e coraggiosi, sceglievano di opporsi.
Il romanzo, probabilmente per aggirare la censura, ha un'impostazione assolutamente fiabesca e simbolica, che costringe il lettore ad una costante attività di decifrazione.
Numerose sono state le interpretazioni. L’opera é stata analizzata in chiave socio-politica, in chiave mitica (concentrandosi in particolar modo sulla caratterizzazione dell'ambiente e del linguaggio) e, ancora, vista come romanzo di formazione, poichè in essa si assiste al percorso di maturazione di Silvestro.”
L'interpretazione tra queste che riesco a vedere meglio (dopo aver letto i due paragrafi qui sopra riportati ho avuto le idee più chiare al riguardo) è, come già accennavo prima, quella in chiave socio-politica, con tanto di impostazione “fiabesca e simbolica” per eliminare i rischi di censura politica... Questo è tutto, al prossimo libro!
P.s.= Sono Davide Danzi =D
P.p.s.= Sono due giorni che tento di postare il mio commento, finalmente ci sono riuscito (il problema era la lunghezza -.-)!! Scusatemi il ritardo =(
Ciao a tutti,
RispondiEliminafinalmente arrivo anche io sul blog!
Per iniziare ho deciso di commentare questo libro perché, come il protagonista del romanzo, in questi giorni sono in viaggio, o meglio, sono tornata l’altro ieri da due forti esperienze con gli scout e con la diocesi e domani riparto per quattro giorni di relax (più o meno) in montagna con i miei.
Premetto subito che commentare il libro non mi sarà facile, l’ho letto piuttosto velocemente, ma non ho afferrato bene tutto. Mi ha colpito molto lo stile in cui è scritto, in alcuni momenti l’ho “odiato” perché non riuscivo a stargli dietro, in altri l’ho apprezzato per la sua caratteristica di rispecchiare fedelmente il modo di pensare di una persona, nel caso del protagonista, in cui mi sono ritrovata. Molto simile è il mio commento alla storia: sicuramente sarete d’accordo con me sul fatto che è “strana” e che a volte manchi un filo logico tra le vicende; ma mi sono ritrovata a commentare questa caratteristica con due frasi diverse: “Non ha senso!!” oppure “Foooorte!”
Un altro aspetto del romanzo che mi ha colpito è come il protagonista riesca a trarre una riflessione da ogni incontro che fa durante il viaggio, indipendentemente dal fatto che parli, scambi opinioni o semplicemente occhiate con le persone che gli stanno attorno, riflessioni e incontri che influenzano anche il suo stato d’animo.
All’inizio del racconto, Salvatore vive, ma senza passioni, senza emozioni, lo fa per abitudine, non ricorda neppure il suo passato; anche il viaggio che intraprende, non è frutto di una decisione pensata, è quasi per caso che si trova in stazione, dove prende il treno, diretto in Sicilia.
Lo stato d’animo del protagonista comincia a cambiare quando incontra i primi siciliani, che, come lui, tornano a casa; per motivi diversi magari, ma è quel “come lui” che inizia a muovergli qualcosa dentro, a risvegliare “topi” che dormivano da quindici anni…
Ma è l’incontro con il Gran Lombardo a dare una scossa non sola al suo passato, ma anche alla sua vita. Questo, animato dalle parole di Coi Baffi e Senza Baffi, che a me hanno ricordato molto i vecchietti negli autobus, i quali dicono il loro parere (per lo più negativo) su tutto, senza arrivare a soluzioni concrete ed efficaci, gli da un nuovo motivo per vivere: parla, infatti, di “nuovi doveri”, che io ho visto un po’ come nuovi obiettivi da porsi per non rimanere scontenti e delusi da sé.
Anche l’incontro con i tre uomini del paese, l’arrotino Calogero, l’uomo Ezechiele e il panniere Porfirio, cambia lo stato d’animo di Salvatore; sembra quasi che, se il Gran Lombardo mostra cosa bisogna fare nella propria vita, i tre personaggi del paese spieghino il perché si debba farlo: perché non bisogna soffrire dei propri mali, ma per “il dolore del mondo offeso” (frase che devo ancora capire bene del tutto…).
Tuttavia, secondo me, in questo punto avviene una svolta nella storia: sembra quasi che tutti i buoni propositi creati dai vari personaggi non siano destinati a concretizzarsi, infatti i quattro (Calogero, Ezechiele, Porfirio e Salvatore) vanno in una locanda a bere e si ubriacano; qui incontrano Colombo il cantiniere, che non capisce quello di cui i tre parlavano prima, ma solo il vino.
Ed è da ubriaco, in una sorta di sogno/visione, che il protagonista vive l’ultimo incontro significativo, quello con l’anima del fratello minore morto in guerra, con cui parla ma che non riesce a toccare. L’impressione finale è quindi quella che, solo nei sogni, sia possibile guadagnare l’onore, dare gloria ad altri, come è, appunto il caso del fratello di Salvatore che, morendo sul campo, rende “fortunata” la madre.
L’incontro principale narrato nel romanzo è, sicuramente, quello tra Salvatore e la madre. Questo personaggio e quello del padre del ragazzo appaiono subito molto diversi tra loro, a partire proprio dal rapporto che hanno con il figlio.
RispondiEliminaLa madre è presente per buona parte della storia e il lettore la scopre assieme a Salvatore, che in pochi giorni ricostruisce una presenza dimenticata da quindici anni, attraverso i ricordi e nuove scoperte. Il padre, invece, non è presente fisicamente, ma ci avviciniamo alla sua figura attraverso le voci di altri: la lettera che lui stesso scrive al figlio, il ricordo che questo ha di lui, i discorsi di Concezione, che spesso lo confonde con il suo di padre, e, infine, quello che raccontano di lui le persone che Salvatore incontra al paese; viene quasi a crearsi una immagine di padre che, per quanto varia, è difficile vedere riflessa nella figura silenziosa che compare alla fine del racconto.
Per quanto riguarda le possibili interpretazioni che si possono dare al romanzo, una piccola ricerca in internet mi ha dato un quadro della situazione molto simile a quello descritto da Valeria nel suo post. In particolare tra l’interpretazione del racconto visto come critica al fascismo e come romanzo onirico (relativo al sogno), mi ha colpito la seconda. Penso, infatti, ci siano molti elementi che richiamano questo tema: gli uomini che Salvatore incontra all’inizio del viaggio, in treno, sembrano, più che persone reali, degli stereotipi, personaggi caratteristici delle fiabe; così anche il paese dove vive Concezione sembra appartenere a quel mondo, e i suoi poveri abitanti, chiusi nelle case avvolte dall’oscurità, appaiono come delle anime e degli spiriti, che parlano nel buio, contribuendo a creare un’atmosfera da sogno. Leggendo, inoltre, spesso si ha la sensazione che qualcuno compaia o sparisca senza preavviso, o che il luogo in cui si trovano i personaggi cambi all’improvviso.
In conclusione, non saprei dire se il libro mi è piaciuto o no. Non mi ha “presa” come il primo (che ho letto anche se non ancora commentato…), ma sicuramente mi ha fatto riflettere, mi ha spinta a cercare dei significati nascosti dietro ad ogni personaggio, un po’ come fa Salvatore nella storia.
Al prossimo commento… ciao!
Anna
Salve compagni!
RispondiEliminaSono appena tornata da alcuni giorni di montagna… Mi sono rilassata parecchio tra la natura, le passeggiate e qualche film! Ma torniamo al libro di E. Vittorini.
Ho trovato alcuni problemi nella lettura dovuti a ripetizioni ed a incomprensioni che hanno suscitato differenti interpretazioni da parte dei critici. Ma è proprio grazie ai significati nascosti dovuti alla censura che tale libro mi si è presentato molto interessante. Più lo leggevo più mi cresceva la curiosità di scoprire il vero messaggio dello scrittore. Ho molto apprezzato i continui dialoghi che, a mio avviso, vengono a mancare in “Storia di Tönle” di Mario Rigoni Stern.
Io credo che ogni incontro sia stato significativo a partire dall’uomo delle arance per finire con Calogero, l’arrotino. Nella primo parte del libro, relativa al viaggio in treno, ritengo che i più significativi siano stati il Gran Lombardo e Senza Bassi. Il primo spiega e mostra di essere cosciente della necessità da parte del popolo siciliano di cambiare le cose parla, appunto, di altri doveri, altre responsabilità più importanti di tipo sociale. Il secondo, al contrario, è l’opposto del Gran Lombardo. Infatti non ha problemi di soldi, di cibo, di lavoro… Ma sa di offendere il mondo ricavandone vantaggi attraverso il lavoro di poliziotto e per questo motivo prova della vergogna. Avviene poi l’incontro piuttosto freddo e irreale (come hanno sottolineato i miei compagni precedentemente) con la madre la quale riesce a far riaffiorare nella mente di Silvestro i ricordi dell’infanzia ma gli presenta anche la miseria e la povertà del mondo. Altri personaggi significativi sono Calogero (l’arrotino), lo zio Ezechiele e Porfirio. Questi ultimi simboleggiano la parte della popolazione che si rende conto delle ingiustizie subite, del mondo offeso, e vuole trovare rimedio. Infine, si può notare la figura fantasiosa di Liborio: lui è il fratello di Silvestro, morto in guerra. Ma il protagonista si trova in uno stato di confusione dovuto al troppo vino bevuto prima al bar con i nuovi amici.
E’ evidente come la madre e il padre di Silvestro siano totalmente diversi come ha ben sottolineato Valeria. Ma, tuttavia, colpisce come il nostro personaggio principale non abbia un rapporto solido con i genitori: basta notare che il figlio mandava alla madre Concezione solo un cartolina all’anno oppure il fatto che non era al corrente della crisi tra la madre a il padre… Si tratta di un rapporto freddo che è andato a perdersi quando Silvestro se ne andò di casa all’età di 15 anni.
RispondiEliminaIl protagonista inizia il suo viaggio in un momento di confusione dentro di sé, era in preda ad astratti furori, nell’agitazione per un genere umano perduto. Alla fine del viaggio Silvestro prende coscienza della realtà che caratterizza il mondo e l’uomo, delle offese, dei alcuni metodi risolutivi… Ritrova la speranza perduta per un mondo migliore.
Si tratta, in primis, di un viaggio di formazione perché Silvestro riscopre il suo passato e la sua infanzia. Ma, secondo me, si tratta anche della riscoperta dell’uomo e dell’umanità attraverso tutti i personaggi che incontra il protagonista nel suo viaggio.
La Sicilia viene rappresentata in tutti i suoi aspetti sia positivi che negativi. Nel libro si parla, infatti, dei paesaggi e delle bellezze nel dialogo tra l’arrotino e Silvestro ma vengono rappresentate anche la povertà, la disoccupazione dei lavoratori, la malaria… La popolazione, inoltre, rispecchia la situazione del luogo al tempo del fascismo: ci sono i ricchi, i poveri, i rivoluzionari.
Di tale libro prevalgono due interpretazioni come hanno spiegato bene Valeria e Anna. In un primo momento mi aveva colpito di più l’idea del racconto visto come critica al fascismo che emerge in modo particolare se si presta una particolare attenzione. E’ da notare, ad esempio, come Silvestro, Ezechiele e Porfirio siano armati rispettivamente di un temperino, un punteruolo e mezzo paio di forbici. Queste “armi” simboleggiano la debolezza dei gruppi antifascisti. In un secondo momento, però, attraverso il consulto di diversi siti, ho compreso meglio anche l’interpretazione onirica che vede il libro come una sorta di sogno dovuta a personaggi più simili a stereotipi, a immagini confuse e a momenti di passaggio del racconto che vengono trattati superficialmente.
Lascio a qualcun altro la parola ora…
Ciao a tutti!!!
Chiara Z.
Eccomi qua anch’io alla fine…scusate il mio ritardo ma io e la professoressa dobbiamo essere piuttosto in sincronia visto che continua a scrivere il giorno in cui parto =D comunque al di là di tutto questo sono pronto per commentare il libro.
RispondiEliminaAllora devo dire onestamente che non mi è piaciuto,l’ho trovato molto noioso e ripetitivo e soprattutto dalla lettura molto pesante; anche per tutto questo ho impiegato molto tempo a finirlo e sicuramente non ho compreso dei passaggi, in ogni caso proverò a commentarlo.
Sicuramente(grande deduzione!) è un libro basato sulla lingua parlata: si capisce dal modo in cui è scritto, ma anche dal fatto che sono prevalenti i dialoghi, sia interiori, sia con interlocutori esterni.
I personaggi più significativi del romanzo sono sicuramente “Con i Baffi” e “Senza Baffi”, poi viene il “Gran Lombardo”, ovviamente la madre, e poi tutti gli abitanti del suo paese che incontra l’Arrotino, Ezechiele, Achille e tutti gli altri. Da quel che mi è parso di capire ogni personaggio ha una valenza metaforica: “Con i Baffi” e “Senza i Baffi” dovrebbero rappresentare il potere oppressore del fascismo, il “Gran Lombardo” credo sia l’uomo con il desiderio di libertà e che aspira ad altri valori morali, la madre è ovviamente il simbolo del ritorno alle origini e tutti i personaggi del paesino sono il simbolo di una possibile resistenza però utopica.
Il rapporto di Salvatore (ma non si chiamava Silvestro!?) con i suoi genitori è abbastanza di noncuranza reciproca…nel senso che dal romanzo non trapela un gran rapporto: il padre abbandona la famiglia per andarsene con un’altra donna, mentre la madre non si fa sentire per quindici anni quando Salvatore se ne va…ma anche lui dopo quindici anni fa la sua prima visita alla casa natale. Insomma quella che traspare dal romanzo è l’immagine di una famiglia dai rapporti molto limitati.
Il viaggio assume un significato (e qui mi devo ispirare al commento di VALPIL) risolutivo, anche se direi più evasivo: infatti più che la ricerca di una soluzione mi pare la fuga da una situazione. Infatti in preda a “furori” decide di partire per andare a ritrovare la madre, approfittando di una lettera del padre. Mentre nel finale, dopo l’”incontro” con il morto(che poi credo sia suo fratello) si focalizza sul fatto che non ci sia più speranza nel mondo e che l’unica cosa in cui sperare è una morte in pace…
RispondiEliminaL’immagine che trapela della Sicilia è più un immagine nostalgica, ogni luogo che Silvestro rivede accende in lui una sensazione di distacco e tristezza. Di più non saprei che dire...
Per le possibili interpretazioni ho visitato alcuni siti a riguardo, e sono giunto alla conclusione che non ci sia una sola possibilità, o se c’era l’aveva solo l’autore. In sostanza il libro prova a descrivere, con tutta la fedeltà concessa dalla censura, la situazione in Italia negli anni del fascismo, ecco perché tutto il romanzo è da “decifrare”. Una possibile interpretazione quindi potrebbe essere che l’autore ha scritto questo racconto per “istigare” la popolazione a reagire, o almeno a riflettere su come si stava vivendo.
Ecco spero di aver scritto qualche cosa di coerente...a tutti un saluto e un augurio di buon fine vacanze...per i rimandati buona fortuna per lunedì!!!
CIAO
Di ritorno dagli esami di recupero mi accingo a commentare il secondo libro (da notare l’uso di un termine forbito).
RispondiEliminaPurtroppo devo dire che questo libro non mi è piaciuto, nè mi ha segnato in particolar modo. Trovo che le continue ripetizioni e il modo di parlare criptico non contribuiscano affatto a rendere la storia più avvincente. Vittorini è un autore di difficile interpretazione che richiede secondo me una certa cultura storica e letteraria di cui al momento (data la nostra giovane età) non disponiamo. Probabilmente in futuro rileggendo il libro potremmo capire ed apprezzare molto di più i contenuti di quanto non abbiamo fatto adesso. Essendo poi un autore vissuto durante il periodo della seconda guerra mondiale penso che i temi da lui trattati siano un po' lontani dalla realtà dei giorni nostri. Per dirla tutta, infine, avrei preferito un libro più dinamico, più coinvolgente o almeno divertente che rendesse quello di leggere durante le vacanze un rilassante piacere e non un faticoso impegno mentale.
Una volta mi dissero che “I libri sono come i sogni”, ma se questi si trasformassero in incubi, varrebbe lo stesso la pena leggerli? Talvolta capita di iniziare un libro ma, andando avanti con la lettura, ci si accorge che non è come ci si aspettava. A questo punto, io penso che valga la pena abbandonarne la lettura e dedicarsi, piuttosto, ad un altro libro.
RispondiEliminaQuando ho iniziato a leggere il romanzo di Elio Vittorini, infatti, ho subito incontrato delle difficoltà: il libro si presentava lento e macchinoso, le stesse frasi venivano ripetute più volte nonostante il concetto fosse già chiaro. La sintassi poi, costruita secondo il modo di parlare meridionale mi risultava un po’ irritante e difficile da comprendere. Per tutti questi motivi ho deciso di abbandonare la lettura di questo romanzo, con l’intento però di riprenderlo, non appena le mie conoscenze riguardo il periodo storico e i personaggi del libro mi permetteranno di comprenderlo al meglio.
Voi che ne pensate? Fatemi sapere…
CIAO! E per fortuna o purtoppo…a presto
P.S. mi accorgo ora del commento di Nicolas e mi rendo conto che abbiamo trovato dei punti in comune... Grande Zaf!
Ciao Tommycec...
RispondiEliminaDato che chiedevi un nostro parere sul tuo commento ho pensato di scrivere qualcosa.
Credo, come dice Pennac ne "Il diario di scuola", nel diritto del lettore di poter fermarsi e non completare la propria lettura se si ritiene necessario farlo; ma era proprio così necessario?:) beh, se lo era non ti do torto! A presto:) Saluti a tutti
Ciao VALPIL...
RispondiEliminaSi, era proprio necessario. Piuttosto, era proprio necessario che tu scrivessi questo commento?:) Pennac non dice di smettere se necessario, ma di smettere se si vuole (è un diritto, non un dovere quello di fermarsi!!) Saluti
Ok, Zaf è un bullo.
RispondiEliminaRiguardo al libro di Vittorini, concordo con Nicholas nel parlare di linguaggio criptico e pure di una certa staticità nel racconto. Come si può capire, non mi è piaciuto assolutamente questo libro.
Il fatto che il protagonista voglia ritornare alla sua terra natia in sé è buona come idea, ma non riesco a comprendere il bisogno di un racconto così complicato di questi suoi tre giorni in cui approfondisce aspetti che vanno dalle madri ai rapporti suoi personali con i familiari, oppure a tratti come i baffi che dovrebbero distinguere persone dalle altre; la conclusione di aver fatto questo "viaggio" che lui stesso dice di non avergli portato alcun beneficio, visto che è finito come è iniziato, non mi è proprio piaciuta.
P.S. ho avuto molto da fare in quest'estate, perdonatemi se posto adesso le mie (modeste) opinioni.
A.P.