venerdì 9 settembre 2011

A confronto su L'isola di Arturo

Per discutere e confrontarci sul secondo romanzo di Elsa Morante, L'isola di Arturo, Premio Strega 1957, potremmo concentrarci attorno al percorso di formazione del protagonista:

- Come Arturo diventa grande, diventa uomo?
- Quali sono le esperienze che lo fanno diventare grande?
- Cosa significa crescere per Arturo?
- Cosa conquista e cosa perde nel suo percorso di formazione?


Si tratta solo di spunti per aiutarvi a elaborare il vostro post. Se preferite, muovetevi pure con libertà, raccontando quello che di questo libro vi ha più colpito.

"Allora i miei occhi e i miei pensieri lasciavano il cielo con dispetto, riandando a posarsi sul mare, il quale, appena io lo riguardavo, palpitava verso di me, come un innamorato. Là disteso, nero e pieno di lusinghe, esso mi ripeteva che anche lui, non meno dello stellato, era grande e fantastico, e possedeva territori che non si potevano contare, diversi uno dall'altro, come centomila pianeti! Presto, ormai, per me, incomincerebbe finalmente l'età desiderata in cui non sarei più un ragazzino, ma un uomo; e lui il mare, simile ad un compagno che finora aveva sempre giocato assieme a me e s'era fatto grande assieme a me, mi porterebbe via con lui a conoscere gli oceani, e tutte le altre terre, e tutta la vita!"
Elsa Morante, L'isola di Arturo, Ed.Einaudi, pag.180

Un ragazzo con il nome di una stella... L'isola di Arturo




Re e stella del cielo.


Uno dei miei primi vanti era stato il mio nome. Avevo presto imparato (fu lui, mi sembra, il primo a informartene), che Arturo è una stella: la luce più rapida e radiosa della figura di Boote, nel cielo boreale!E che inoltre questo nome fu portato pure da un re dell'antichità, comandante a una schiera di fedeli: i quali erano tutti eroi, come il loro re stesso, e dal loro re trattati alla pari, come fratelli.



Purtroppo, venni a sapere che questo celebre Arturo re di bretagna non era storia certa, soltanto leggenda; e dunque lo lasciai da parte per altri re più storici (secondo me, le leggende erano cose puerili). Ma un altro motivo, tuttavia, bastava lo stesso a dare, per me, un valore araldico al nome Arturo: e cioè, che a destinarmi questo nome (pur ignorandone, credo, i simboli titolati), era stata, così seppi, mia madre. La quale, in se stessa, non era altro che una femminella analfabeta; ma più che una sovrana, per me...




Così inizia il romanzo "L'isola di Arturo" di Elsa Morante, storia di un ragazzo dal nome di stella che vive in un'isola, tra spiagge e scogliere, immerso in sogni fantastici. Non si preoccupa nè di vestiti, nè di cibi, viene allevato con latte di capra. La vita gli appare come promessa di imprese e di libertà piena. Nel ricordo recupera il suo percorso di formazione, dalla solitudine alla scoperta della vita: le esperienze dell'amore, del dolore, dell'amicizia, della disperazione.



Ma dove siete...?

Cari ragazzi,
DOVE SIETE? PERCHE' NON INTERVENITE? La discussione sul libro di Rigoni Stern è aperta da 15 giorni e solo una persona ha inserito il suo commento. Cosa succede?


Ipotesi A: Siete in una bellissima isola deserta e non potete connettervi a internet.
Ipotesi B: Siete impegnati a lavorare o a studiare (!) tutto il giorno e non avete un minuto di tempo.
Ipotesi C: vi hanno rubato il libro.

Ringrazio moltissimo Valeria, per aver sfidato il silenzio e aver elaborato un commento rispondente alla traccia, personale, approfondito, ricco di riferimenti ai testi.


Forza ragazzi, avete ancora qualche giorno, aspetto di leggere anche voi!






Elisa Carrà

sabato 27 agosto 2011

Tra memoria e natura, suggestioni sul romanzo...



Per confrontarci sul romanzo Storia di Tonle di Mario Rigoni Stern, vi suggerisco di leggere bene i post precedenti di introduzione all'autore e alla sua opera, oltrechè di approfondire anche su altri siti aspetti della produzione dello scrittore e altre recensioni sull'opera letta.


Per elaborare i vostri commenti, vi chiedo questa volta di non riassumere il libro, che tra l'altro trovate già sintetizzato nella recensione, ma di soffermarvi su questi due aspetti, che sono anche i punti dell'analisi che dovrete svolgere e consegnare all'inizio della scuola (lo ricordo!:-)):

- Quali sentimenti, stati d'animo caratterizzano Tonle nella sua "odissea"?
- Come si evidenzia nel romanzo e nel personaggio il tema/esperienza della memoria?
- Come si rivela, che volti assume nel romanzo il tema della natura?


Per ciascuno dei punti sopra suggeriti, vi propongo di compiere la vostra analisi a partire da passi precisi del romanzo relativi a ciascuno di essi, che vi hanno più colpito e che ritenete significativi rispetto ai tre temi. Vi chiedo di riportare nei post qualche riga di ciscun passo scelto e di procedere poi all'analisi. Questo metodo di lavoro vi aiuterà a essere più rigorosi e più fedeli al romanzo nelle vostre considerazioni. Spero di essermi spiegata e che le consegne siano chiare. Invito i ragazzi che non si sono ancora fatti sentire, a intervenire quanto prima!



I post vanno inseriti qui di seguito.



Forza ragazzi, cominciamo a confrontarci su un autore che non smette di regalarci occasioni di sosta, di memoria, di stupore...





Storia di Tonle, odissea di un uomo...



Per introdurre il libro, lasciamoci guidare da una delle tante recensioni presenti nella rete.



Dal sito http://www.italica.rai.it/:

Pubblicato nel 1978, "La storia di Tönle” conferma la capacità di Mario Rigoni Stern di narrare con immediatezza e semplicità, traendo spunto dalla propria esperienza autobiografica. Ancora una volta, al centro del racconto sono le montagne dell’altopiano d’Asiago, mondo della memoria e della natura che impronta tutta l’opera dell’autore. Tönle Bintarn è un contadino veneto, pastore e contrabbandiere. La sua storia è quella di una persona costantemente in fuga: un'odissea che, tra la fine dell'Ottocento e la Prima Guerra Mondiale, lo getta per caso nei grandi eventi della Storia. La battaglia di Tönle è quella per la sopravvivenza, la propria e quella della civiltà cui sente d’appartenere. Mentre l’impero austro – ungarico sta per cadere, la vita nelle montagne della zona è dura, scandita dalla fame, dalla povertà e dalla fatica, e il contrabbando è un mestiere come un altro; ma Tönle ha ferito una guardia della Finanza Regia, ed è costretto a fuggire. Nel suo esilio per ogni dove, guadagnandosi il pane come può, l’uomo resta legato alle proprie radici, agli odori e ai sapori della propria terra, ai colori dell’altopiano, ai prati erbosi ed alle montagne innevate. E’ il ricordo di quella vita che consente a Tönle di sopravvivere, pure alla follia della guerra che lo travolge col suo spettacolo infernale di violenza e ingiustizia. Il suo universo è la sua forza interiore. E’ il ricordo delle silenziose giornate invernali trascorse al caldo del camino con il profumo della sua pipa, il ricordo delle foglie rosse d’autunno, dei pascoli, a salvare Tönle dalla disperazione, a cancellare il ricordo di morte e distruzione e sangue persino nel campo di concentramento di Katzenau. Da qui, si vedono le montagne innevate ad ovest di Linz; da qui Tönle imboccherà la strada dei pastori, per un lungo viaggio di ritorno.

"Sono uno che racconta storie che ha vissuto..."




“Sono uno che racconta storie che ha vissuto, o che ha sentito raccontare”.
Così diceva Mario Rigoni Stern in un’intervista, a proposito della sua attività di scrittore.
Da Il Sergente nella neve, suo romanzo d’esordio, pubblicato nel 1953, racconto autobiografico della sua esperienza di sergente degli Alpini nella ritirata di Russia durante la seconda guerra mondiale, ai successivi, Il bosco degli Urogalli (1962), Uomini, boschi e api (1980), Le stagioni di Giacomo (1995), Aspettando l’alba e altri racconti (2004), Stagioni (2006) , e altri ancora, la narrativa dello scrittore si caratterizza per il tema autobiografico, ripercorso attraverso l’esperienza della memoria e collocato nello sfondo di una natura viva.

Memoria come percorso mai concluso di recupero delle proprie origini, della propria gente, della propria terra. Ma memoria anche come sforzo doloroso di ricordo della guerra, del lager, del difficile ritorno a casa, memoria come necessità di raccontare ad altri gli snodi più intensi della propria esistenza.

Natura come rapporto vivo con le proprie montagne, come luogo conosciuto nelle sue pieghe, amato, atteso, con i suoi paesaggi, i suoi mutamenti, l’avvicendarsi delle stagioni, i suoi rumori e suoi silenzi, le sue luci e le sue ombre. Una natura che è soprattutto l’Altopiano di Asiago, quello della giovinezza dello scrittore, prima che la guerra e la modernità cambiassero ogni cosa.

« Domando tante volte alla gente: avete mai assistito a un’alba sulle montagne? Salire la montagna quando è ancora buio e aspettare il sorgere del sole. È uno spettacolo che nessun altro mezzo creato dall’uomo vi può dare, questo spettacolo della natura. »
(Ritratti: Mario Rigoni Stern di Carlo Mazzacurati e Marco Paolini)



Mario Rigoni Stern: alla scoperta di un autore delle nostre terre...


Mario Rigoni Stern, nato ad Asiago nel 1921, trascorre l’infanzia tra le sue amate montagne.
A 17 anni si arruola volontario alla Scuola Centrale Militare di Alpinismo, poi combatte come alpino al tempo dell'entrata in guerra dell'Italia al confine della Francia, poi in Albania, Grecia, Russia dove vive la grande tragedia della ritirata.

Catturato dai tedeschi nel 1943, vive l’esperienza del campo di concentramento a Honestein, rifiutandosi di ottenere la libertà in cambio dell’arruolamento nelle forze armate della Repubblica sociale italiana.

Durante l’avanzata dell’Armata Rossa verso la Germania, il campo viene liberato e Rigoni Stern torna a casa a piedi nel Maggio del 1945. Partecipa alla campagna di Russia, dove si distingue per il coraggio, per l’impegno militare, per gli interventi a favore dei civili che si trovavano in difficili condizioni.

Conclusa la guerra, Rigoni Stern torna ad Asiago, dove rimane fino all’anno della morte avvenuta nel 2008. Nel 1946 si sposa con Anna, da cui ha tre figli. Viene assunto presso l’Ufficio imposte del catasto del suo comune, incarico che mantiene fino al 1970. Da quel momento si dedica in pieno all’attività di scrittore.

Assecondando il suo volere, durante la malattia che lo condusse alla morte, non fu ricoverato in ospedale. Chiese ai figli, prima della morte, di rivedere i luoghi dell’Altopiano a lui più cari: Vezzena e Marcesina. Secondo la sua volontà, la notizia della morte venne data a funerali celebrati. Volle essere sepolto nudo sulla nuda terra, sotto ad una semplice croce di legno d’abete, per condividere fino alla fine e per sempre la condizione dei tanti soldati caduti sull’Altopiano durante la Grande Guerra.